Temperatura di Lievitazione Della Pizza. In un nostro articolo precedente, abbiamo spiegato tutto riguardo ai vari tipi di lievito. Oggi spendiamo due parole sul processo di lievitazione.
Il processo di lievitazione si forma per effetto di gas prodotti all’interno del nostro impasto da prodotti vivi, i funghi del nostro lievito. Il pane o la pizza formerà una struttura alveolare (le famose bolle di aria) che renderanno il nostro prodotto facile da mangiare e piacevolissimo da gustare.
Temperatura di Lievitazione Della Pizza
Il lievito di birra (saccharomyces cerevisiae) si alimenta di carboidrati e produce gas nella forma di anidride carbonica e etanolo. La nostra anidride carbonica è responsabile del gonfiore della pasta (le bolle di aria) mentre l’etanolo che è un tipo di alcool, evapora durante la cottura.
La temperatura è molto importante per ottenere una ottima lievitazione.
Alla temperatura di 2/6 gradi il metabolismo del lievito è bloccato, infatti a queste temperature facciamo la maturazione in frigorifero. Il panetto di lievito si può conservare in frigo anche 3 o 4 settimane, ma attenzione, perché le cellule vecchie perdono la sua forza lievitante.
Se conservato a temperature superiori a 38 gradi le sue cellule pian piano muoiono e la sua forza lievitante si ridurrà drasticamente.
A quale temperatura la lievitazione?
Sopra ai 7 /8 gradi il lievito inizia il suo lavoro, avviene la produzione di anidride carbonica, anche se la temperatura ottimale è compresa tra i 24 gradi e 30 gradi.
I professionisti usano celle di lievitazione impostate a 28/30 gradi e opportunatamente umidificate. Si, perché l’umidità è molto importante, senza di essa si formerebbe una crosticina sul pane o sulle palline per la pizza e impedirebbe loro di aumentare di volume (lievitazione).
Annotazioni Finali
Non lasciarti intimorire da questo processo, è molto più difficile a dirsi che a realizzarlo. In ogni caso potrai sempre iscriverti ad uno dei nostri corsi pratici professionali e diventare un perfetto pizzaiolo. Scopri tutto sui nostri corsi. Visita questo link.
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Siamo arrivati ai saluti, ma prima di farlo volevo ricordarti di fare il download del mio libro che si chiama: NON SOLO PIZZA e che puoi trovare a questo link.
Pizza e Lievito Le Giuste Dosi. Quando si scrivono dei post che verranno letti da molte altre persone, bisogna essere chiari, ma la cosa che ritengo molto importante per non cadere in critiche rivolte da altri lettori o persone che svolgono lo stesso mestiere è… scrivere solo cose che si conoscono bene.
Spesso navigo in rete alla ricerca di spunti e suggerimenti per nuovi post, proprio oggi per rispondere alle domande ricevute da molte lettrici e lettori che preparano la pizza a casa propria, ho voluto scrivere questi consigli che riguardano una cosa abbastanza importante riguardante la pizza, introduciamo l’argomento lievito e le giuste quantità da aggiungere all’impasto.
Pizza e Lievito Le Giuste Dosi
Quando leggo in qualche ricetta sul web di qualche illustre sito e vedo tra le dosi….Farina 300 grammi e Lievito 20 Grammi beh… tiro dritto, immediatamente passo ad altri siti e ad altre ricette. Come si possono usare 20 grammi di lievito di birra per 3 pizze al piatto o per la preparazione di una teglia? Quale credibilità dobbiamo dare a questi signori? Daltronde, basta osservare le foto dei loro risultati per capire che non si stà parlando di pizza, ma di qualcosa cotta in forno con degli ingredienti sopra.
Troppo lievito nell’impasto si sente, altrera profumi e il gusto della pizza.
Allora quanto lievito dobbiamo mettere?
I cubetti di lievito di birra che vendono al supermercato pesano 25 grammi, pensate che io in un impasto per 200 pizze con 24 ore di lievitazione in frigo, ne uso 5 GRAMMI (Cinque).
Pizza e Lievito Le Giuste Dosi
Per le casalinghe e i mariti che la domenica preparano la pizza a casa e come al solito impastano alle 5 del pomeriggio per poi lasciare lievitare l’impasto 2 sole ore per poi consumarlo la stessa sera alle 7/8, vorrei dare un consiglio: Aumentando la dose di lievito sproporzionatamente la pizza non lieviterà prima, impiegherà lo stesso tempo a lievitare anche con solo qualche briciola di lievito, 2 o tre grammi sono sufficienti. In ogni caso, l’impasto per essere digeribile deve arrivare a “maturazione” più o meno velocemente a seconda del tipo di farina che avrete usato per l’impasto, e alla maturazione, non si arriva di certo con solo due ore di lievitazione.
Prendete l’abitudine di impastare con una buona miscela di farina (W350) per pizza il sabato, per poi stendere la pizza e infornarla la domenica sera (lunga lievitazione in frigo), il risultato sarà ottimo.
Come commenta il mio amico Carmine, l’argomento “quanto lievito usare” è chiaro solo alle persone che hanno appropriate conoscenze sulla pizza, sugli impasti e soprattutto sulle farine da usare, chi prepara una volta ogni tanto la pizza a casà avrà difficoltà a capire.
Proprio per aiutare queste persone in difficoltà, ho preparato un corso di pizzaiolo professionale ONLINE alla portata di tutti che vi aiuterà a preparare la pizza a casa vostra proprio come un esperto pizzaiolo, contiene tante informazioni utili, trucchi e segreti sulle farine adatte per pizza, gli impasti, la lievitazione, la stesura e la cottura in forno. Gli iscritti al corso hanno a disposizione un tutor che risponderà a tutti i dubbi e domande, per saperne di più CLICCA QUI.
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Pasta Acida Essiccata e la Pizza. Si, è accaduto nuovamente, non ci crederete, ma c’è ancora chi si ostina a volere preparare la pizza esclusivamente con il lievito madre, facendo confusione persino sul nome, chiamandolo “lievito naturale”. Sono stato invitato a cena da amici e la gentile padrona di casa ha preparato la sua specialità: La pizza con il suo personale lievito naturale! Logicamente il lievito madre (naturale) non risponde con forza allo stesso modo del lievito di birra, che, per chi non lo sapesse, anche esso è naturale, quindi, abbiamo cenato con una pizza assolutamente non lievitata.
Ma cos’è questo benedetto lievito di birra? Facciamo un pò di chiarezza dicendo che: Il lievito di birra non è qualche cosa chimica preparata illegalmente in qualche laboratorio clandestino in un garage di fortuna da qualche spacciatore.
Niente garage e niente spacciatori, mi dispiace per voi, il lievito di birra è formato da colonie di un microrganismo chiamato saccharomices cervisiae che è ottenuto tramite fermentazione e fatto moltiplicare. Lavato ed essiccato da vita al lievito secco, venduto fresco in cubetti da vita al lievito classico che troviamo al supermercato.
Tutto questo discorso iniziale per arrivare finalmente alla pasta acida essiccata.
Pasta Acida Essiccata e la Pizza
La pasta acida essiccata è una polvere che viene aggiunta nei prodotti da forno in piccole percentuali per migliorare le caratteristiche sensoriali del prodotto.
La struttura dei batteri e lieviti che sono presenti nella pasta madre sono molto resistenti all’essiccatura, quindi nella preparazione della pasta acida vi è una completa disattivazione del lievito, per questo motivo una volta essiccata perde completamente il proprio potere fermentativo. Quindi cari amici, non basta la semplice aggiunta della pasta madre essiccata, ma dobbiamo sempre aggiungere del lievito di birra affinchè il nostro impasto lieviti.
Perchè si usa la pasta acida essiccata?
Mentre con la classica lievitazione con il lievito di birra si ottiene una fermentazione prevalentemente alcolica con la produzione di pochi diversi metaboliti che sono responsabili dell’aroma e del sapore, addizionando la pasta acida essiccata all’impasto, otterremo una fermentazione anche lattica e acetica. Questo rende migliore la conservazione del prodotto, il suo profumo e il suo sapore.
Pasta Acida Essiccata e la Pizza
E nell’impasto della pizza?
La pizza è un prodotto che non va conservato a lungo, anzi, è vero il contrario, va consumato ancora caldo, i profumi e i sapori prevalenti sono dati dagli ingredienti sulla pizza, quindi tutti gli eventuali benefici della pasta acida essiccata non valgono per la nostra amata pizza.
Magari nell’impasto del pane……forse… qualche tecnico del settore con un buon “naso” potrebbe avvertire qualche differenza.
Conclusione:
Se è di pizza che vogliamo parlare, usate una farina forte, lievito di birra, lievitazione lunga in frigorifero, pochi ingredienti e buoni!! Basta invitare gente a casa vostra solo per decantare la vostra “pasta madre”, usatela per il pane, non per una buona pizza! Sono arrabbiatissimo, ho mangiato una pizza non lievitata, non è assolutamente arrivata a maturazione, biscottata perchè cotta a bassissima temperatura e mi sono dovuto alzare due volte durante la notte per bere acqua.
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Il lievito madre oppure se preferite chiamarlo pasta madre oppure se seguite il trend lo chiamerete sicuramente lievito naturale, è molto semplice da fare a casa propria e da risultati davvero soddisfacenti.
Viene spesso usato per impasti con lievitazione lunga, 24-48 ore, impasti che vanno conservati in frigorifero.
Se siete uno di quelli che fa la pizza in casa una volta alla settimana e non ha molto tempo a disposizione vi consiglio di non prendere neanche in considerazione l’idea di produrre il vostro personale lievito madre da usare per l’impasto per pizza.
La pizza fatta in casa, infatti, per via del poco tempo che abbiamo a disposizione viene impastata e appena lievitata viene spianata e infornata nel giro di qualche ora. Per ottenere risultati rapidi, è consigliabile usare il classico lievito di birra.
Per tutti coloro che panificano in casa spesso, infornano dolci, cornetti, ciambelle e panettoni, ecco come preparare da soli un ottimo lievito naturale.
Lievito Madre Come Prepararlo e Come Conservarlo
La pasta madre è viva, quindi va curata e va “rinfrescata settimanalmente con nuova farina e acqua.
Ingredienti:
200 gr farina 0
100 ml acqua
1 cucchiaino di miele
Procedimento:
Mescolate con un cucchiaio questi ingredienti fino ad ottenere una palla liscia ed omogenea.
Lasciate lievitare in una ciotola coperta con un panno per 48 ore
Una volta trascorse le 48 ore prendete 200 gr di composto e miscelate con:
200 gr farina 0
100 ml acqua
Questo secondo procedimento si chiama “rinfresco” che vuol dire alimentare la pasta madre con nuova acqua e nuova farina. Una volta compiuto questo secondo impasto potete lasciare qualche ora in un barattolo di vetro a temperatura ambiente affinchè abbia inizio la lievitazione e poi metterlo in frigo.
Lievito Madre Come Prepararlo e Come Conservarlo
Una volta fatta la pasta madre, ogni 5/7 giorni, va alimentata secondo questa proporzione: se pesa 200gr bisogna aggiungere 200 gr di nuova farina e 100 ml di nuova acqua.
Dopo qualche settimana e 4-5 rinfreschi potrete finalmente testare il vostro lievito naturale preparando a casa vostra magari del pane o simili. Niente pizza per il momento, il lievito non sarebbe abbastanza forte da reagire velocemente quindi sfornereste pessime pizze.
Lascia il tuo commento su questo articolo.
Per approfondire questo argomento, puoi consultare il nostro precedente articolo:”lievito madre o lievito di birra per impasto per pizza”
Se desideri saperne di più sui vari tipi di lievito, leggi il nostro post: “Tipi di lievito”
Se desideri saperne di più sul lievito, consulta wikipedia
Oggi vi parlerò di Glutine cercando di farlo in un modo molto semplice.. Questa parola, negli ultimi tempi è entrata a far parte del nostro vocabolario di tutti i giorni, parte del (merito) va a chi soffre di qualche disturbo di intolleranza alimentare, fino ad arrivare ai celiaci che non possono tollerare assolutamente il glutine. E pensare che lo troviamo comunemente in tutti i prodotti lievitati da forno.
IL GLUTINE E LA PIZZA
Quando iniziamo ad impastare acqua e farina, si inizia a formare il reticolo glutinico. Troviamo il glutine in tutte le farine, anche se in maniera diversa.
Ogni tipo di farina ha un diverso valore proteico (Gliadine e Glutenine) che al contatto con l’acqua da vita a un complesso proteico chiamato appunto glutine. Il glutine forma un reticolo nel nostro impasto che sarà la struttura portante dell’impasto che lo sorregge e lo fa lievitare senza farlo sgonfiare. Il reticolo è ben visibile se guardiamo l’interno di una fetta di pane dove possiamo osservare l’alveolo o reticolo che si è formato.
La percentuale di glutine che contiene una farina che viene impastata con acqua ha come unità di misura la “forza” che è indicata in tutte le confezioni di farina con il simbolo W. Quindi, maggiore sarà il valore della W e maggiore sarà la forza di quella farina.
La farina per biscotti ha mediamente un W che va dai 130 ai 170
La farina per pizza ha un W che va dai 240 (per pizze a lievitazione rapida), a un W superiore al 300 (per lievitazioni lunghe anche 24 ore in frigo)
Il panettone e pandoro per sorreggere il proprio peso (uova,burro, farina,,acqua) ha bisogno di una farina con W che arrivano fino a 450.
Le classiche confezioni di farina del supermercato non riportano questo valore (W) quindi scegliamo una farina dove è chiaramente indicato “farina per pizza”
Potrebbe esserci di aiuto, anche la lettura dei valori proteici indicati nella confezione di farina:
Valori proteici fino al 10% sono indice di farine per dolci, biscotti o crostate.
Valori proteici che vanno dall’11-13% sono indice di farine adatte per la pizza, il pane e tutte le focacce
Valori superiori al 14%: Farine per prodotti da forno che richiedono una grande struttura.
Adesso che sappiamo cos’è il glutine, andiamo a vedere come si comporta nel nostro impasto, ma questo ve lo spiegherò nel prossimo articolo.
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Il lievito di birra per la pizza è formato da microorganismi “Saccharomyces cerevisiae” che inseriti nell’impasto di farina e acqua provocano la fermentazione e quindi la lievitazione, cioè la trasformazione di zuccheri in anidride carbonica.
Il lievito di birra per la pizza
Possiamo trovarlo in commercio in due diverse forme:
Sotto forma di cubetti chiamato lievito fresco, di scadenza breve, rigorosamente da conservare in un frigorifero, Questo tipo di lievito è quello usato in tutte le pizzerie, risponde velocemente in quanto i microorganismi sono già attivi al suo interno.
In granuli, chiamato lievito secco. Si acquista nei supermercati. Altro non è che il lievito fresco che viene sottoposto al processo di disidratazione. Questo tipo di lievito ha una scadenza molto lunga in quanto in assenza di acqua i microorganismi sono in pausa. Per poterlo usare, dobbiamo inserirlo in acqua tiepida per qualche minuto.
Per le giuste quantità da usare potremmo dire che 1 grammo di lievito secco equivale a 3 grammi di lievito fresco.
Per tutte le casalinghe o tutti i semplici appassionati che vogliono preparare la pizza a casa diamo un consiglio: Usate il lievito fresco. Così facendo accorciate i tempi di lievitazione e maturazione del vostro impasto.
A chi ha molto tempo a disposizione potremmo suggerire di usare il lievito madre o naturale per impastare, magari in accoppiata con un pizzico di lievito di birra, per avere assoluta certezza che l’impasto lieviterà. I risultati ottenuti saranno superiori in termini di ricchezza di gusto e profumi. In questo articolo è spiegato come fare a casa vostra il lievito naturale o lievito madre.
Quantità di lievito da usare:
Qualunque sia la vostra ricetta che seguite, vi avviso: State usando troppo lievito.
Dopo avere impastato e preparato migliaia e migliaia di pizze nella mia vita, vi assicuro che per il nostro classico impasto per 4 persone che potete visionarein questo articolo, ne occorrono 1,5 grammi. Capisco che non vi fidiate, sono d’accordo con voi che avete fretta di farlo lievitare per infornarlo e mangiarlo, ma l’uso di una dose superiore potrebbe compromettere il vostro prodotto finale, dando alla pizza un forte odore di lievito. Meglio quindi usare poco lievito e dare il giusto tempo di lievitazione all’impasto, magari fino a che non abbia raddoppiato il suo volume.
Qualche mio collega usa un panetto di 25 grammi per preparare 600 pizze in pizzeria, lasciando lievitare in frigorifero l’impasto per più di 24 ore…..lascio a voi trarre le dovute conclusioni.
Quindi a tutti quelli che si cimenteranno nel fare la pizza a casa propria, consiglio di preparare l’impasto il mattino, per poi utilizzarlo la sera a cena. Avrete un prodotto finale perfettamente lievitato e maturo al punto giusto.
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Il processo di lievitazione si si può riassumere in tre differenti categorie: Lievitazione chimica, lievitazione fisica e lievitazione biologica.
Siamo abituati a vedere il lievito in diversi modi, sotto forma di panetto, essiccato in granuli, o come pasta madre.
Qual è la differenza tra vari tipi di lievito?
La lievitazione è un processo che permette la formazione di gas all’interno di un impasto, lo fa aumentare di volume sia prima, sia durante la cottura.
Vediamo come avvengono questi processi.
LIEVITAZIONE FISICA
Questa tecnica è molto utilizzata in pasticceria. Questo tipo di lievitazione avviene grazie alla dilatazione termica dell’impasto durante la cottura. I prodotti che contengono al suo interno albumi montati a neve ne sono esempi lampanti: l’albume miscelato all’impasto, grazie alla struttura proteica, riesce a trattenere l’aria al suo interno; durante la cottura le bollicine d’aria resteranno intrappolate nella maglia proteica rigonfiando la struttura del dolce. Un altro esempio di questo tipo di lievitazione è dato dalla pasta sfoglia, dove strati di materia grassa come burro e margarina sono sovrapposti a strati di impasto. In cottura il vapore acqueo che si forma tra gli strati sfogliati viene trattenuto dalla materia grassa, creando zone vuote all’interno del prodotto.
LIEVITAZIONE CHIMICA: LIEVITO CHIMICO IN POLVERE
Questo tipo di lievitazione, è utilizzata in molti prodotti da forno professionali e soprattutto nelle torte casalinghe. La funzione di questo lievito è quella di produrre anidride carbonica durante la cottura, rigonfiando l’impasto. Il lievito chimico è un composto in polvere formato prevalentemente da bicarbonato di sodio unito a un elemento acido che produce anidride carbonica durante la cottura. I primi lieviti in polvere vennero creati industrialmente alla fine del 1800. Un altro tipo di lievitazione chimica è rappresentata dal bicarbonato d’ammonio o ammoniaca per dolci che è utilizzato nella preparazione di biscotti particolarmente friabili. La controindicazione di questo tipo di lievito è data appunto dall’odore di ammoniaca che deve essere eliminato in cottura seguendo le giuste tempistiche.
LIEVITAZIONE BIOLOGICA: LIEVITO DI BIRRA E LIEVITO MADRE
La lievitazione biologica produce anidride carbonica tramite meccanismi di fermentazione alcolica che avvengono a livello cellulare; i due principali agenti lievitanti sono il lievito compresso e il lievito naturale o lievito madre. I meccanismi di lievitazione biologica erano conosciuti già dai tempi antichi, quando impasti di acqua e farina venivano fatti riposare sviluppando lieviti che poi in cottura rigonfiavano il prodotto. Nel 1930 venne isolato il primo lievito ed effettuata una produzione industriale. Il lievito compresso si presenta sia in forma di panetto sia sotto forma di granuli disidratati. Il nome corretto è Saccaromyces Cerevisiae (da cerevisia, birra, in latino) ed è un fungo unicellulare che si riproduce per gemmazione.
Comunemente chiamato lievito di birra perché in passato si ricavava da depositi che si formavano durante la fermentazione dei fusti di birra, oggi si produce con un composto a base di melassa; successivamente, tramite processi industriali, il lievito di birra è compresso in panetti.
Disidratato: Lo stesso lievito di birra viene disidratato riducendone l’umidità e ottenendo i granuli di lievito secco.
Il Saccaromyces Cerevisiae è un fungo che inizia a riprodursi in presenza di ossigeno: questo avviene grazie alla presenza dell’aria inglobata durante le fasi di impasto. Esaurito l’ossigeno, il fungo innesca un meccanismo di fermentazione che produce alcol etilico e la parte di anidride carbonica che serve per alveolare e rigonfiare gli impasti, prima e durante la cottura.
Il lievito naturale o pasta madre è un importante processo della lievitazione biologica. Venne utilizzato in panificazione molto prima del lievito di birra, il lievito naturale è un composto di acqua e farina che, lasciato fermentare a temperatura ambiente, sviluppa colonie di lieviti e batteri lattici che si riproducono e, in fase di impasto, hanno potere lievitante. Il processo di lievitazione è uguale a quello del lievito di birra: fermentazione alcolica con produzione di gas che creano volume e alveoli nel prodotto cotto. A differenza del lievito compresso, con il quale ha in comune la presenza del Saccaromyces Cerevisiae, la pasta madre sviluppa al suo interno molteplici colonie di lieviti e batteri lattici: questi ultimi rappresentano un’importante differenza fra il lievito compresso e il lievito naturale, in quanto la loro fermentazione sviluppa profumi e sapori particolari molto ricercati nel campo della panificazione. L’acidità maggiore presente negli impasti lievitati naturalmente permette inoltre una maggiore conservabilità del prodotto, ovvero un ritardo nel raffermamento dello stesso.
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Tutti abbiamo provato almeno una volta a fare la pizza a casa nostra, ottenendo risultati diversi, alcuni soddisfatti dal
prodotto ottenuto, squisita, bella da vedere, con ingredienti accuratamente selezionati, capita a volte, che la nostra pizza
non riesca proprio come ce la immaginavamo.
Non mi sembra proprio il caso di scoraggiarsi, facendo un po’ di attenzione e seguendo i nostri consigli, potrete ottenere
ottimi risultati anche a casa vostra.
In tanti anni che faccio questo lavoro, ho acquisito la necessaria esperienza e conoscenza, mi è capitato moltissime volte di
assaggiare la pizza fatta dalle varie casalinghe piu o meno brave, e ho cercato di racchiudere in questo articolo un elenco
dei difetti incontrati, cosicchè possiate affrontarli e risolverli durante la preparazione delle vostre pizze fatte a casa
vostra.
Questo è un elenco degli errori più comuni:
Forte odore di lievito di birra
L’uso di farine non adatte per l’impasto della pizza
Un incorretto uso dell’impasto nella preparazione della pizza
Cattivo uso di ingredienti “acquosi” come il pomodoro, i funghi, la mozzarella.
Forte odore di lievito di birra
La paura che tutti coloro che preparano la pizza a casa propria è la seguente: Ma se poi non lievita, che cosa mangiamo per cena? che figura ci facciamo con gli invitati? e quindi…..giù con moltissimo lievito!!!! Certo che così il vostro impasto lieviterà di sicuro, ma ci saranno delle conseguenze negative per la vostra pizza. Questo è cosa potrebbe accadere: Avrete una lievitazione molto rapida, ma tutto ciò impedisce la maturazione dell’impasto, mentre assaporerete la vostra pizza, avrete un forte odore di lievito nell’impasto e nella pizza cotta, una scarsa fragranza ed un aromaticità impercettibile,il profumo dominante sarà solo quello del lievito.La vostra pizza sarà spugnosa, e tenderà a seccarsi e sbriciolarsi facilmente.
Risolverete questo errore facilmente, testando voi stessi che la giusta quantità di lievito per ogni chilo di farina è davvero di pochi grammi, come potete osservare dalla nostra ricetta base per pizza, Iniziate usando solo mezzo cubetto di lievito di birra, successivamente nei prossimi impasti usatene sempre meno, fino a che troverete il giusto equilibrio tra i vostri tempi di impasto e la giusta maturazione.
L’uso di farine non adatte per l’impasto della pizza
Quando si decide di preparare la pizza a casa propria, non sempre si dispone della giusta farina pre preparare l’impasto.Magari vi è rimasto un mezzo pacco di farina che avete usato ultimamente per fare dei dolci e decidete di usare quella.
I risultati ottenuti potrebbero essere:
Una lievitazione molto rapida, Una massa poco consistente, durante la stesura dell’impasto noterete che tende a strapparsi e
a bucarsi, dopo la cottura l’impasto potrebbe risultare troppo friabile. La ragione di tutto ciò è dovuta alla scarsa quantità di glutine contenuto nella farina.La sua debolezza lo farà bucare durante la lavorazione, inoltre opporrà scarsa resistenza ai gas che si formano durante la lievitazione e quindi si gonfierà rapidamente.
Con queste caratteristiche si otterrà, come nel caso di troppo lievito, una pizza poco fragrante e aromatica e sempre per la
stessa ragione: poco tempo per la maturazione e la formazione dei composti aromatici per lievitazione rapida.
Per evitare questo problema bisogna scegliere farine con maggior contenuto di glutine.Sommariamente si può dire di usare
farine “0” e magari controllare che il contenuto di proteine riportato nell’etichetta nutrizionale sia almeno del 10%.
Un incorretto uso dell’impasto nella preparazione della pizza
Quando prepariamo le pizze a casa nostra e stendiamo l’impasto, di qualsiasi forma lo vogliamo ottenere, spesso per inesperienza ci capita di lavorarlo troppo a lungo, o magari di reimpastarlo nuovamente per potere ricominciare da capo.
L’impasto non va assolutamente trattato così, e reagisce in questo modo:
Diventerà sempre piu difficile la stesura delle palline
diventa duro e troppo elastico da stendere
Nella fase di cottura, la pizza non si gonfia e resta compatta e biscottata
Tutto questo perchè manipolando troppo a lungo l’impasto avremo la perdita dei gas di lievitazione e la reazione del glutine
che indurisce l’impasto.
La perdita dei gas di lievitazione è dovuta al ripetuto schiacciamento: schiaccia e rischiaccia, i gas che rendevano
l’impasto gonfio, soffice e lievitato scappano fuori facendo tornare l’impasto quasi al volume di partenza e lasciandolo molto più compatto.Il glutine, che possiamo immaginare come formato da cordicelle minuscole, reagisce alla manipolazione “arricciandosi”. La conseguenza, al livello di sensazione sotto le mani, è un impasto più duro, più elastico e quindi più difficile da stendere.
Bisogna fare tutto il possibile a monte per evitare che questo problema si presenti:
preparare le palline con cura, evitando di schiacciarle troppo, accompagnando il movimento solo con i palmi delle mani. Una
pallina che ha mantenuto la sua giusta quantità di gas è il seme per riuscire a ottenere una forma regolare e una consistenza
corretta lasciar riposare le palline, in modo da fargli riprendere un po’ di lievitazione per “ricaricare” il gas perduto
il riposo aiuta anche il glutine e ridistendersi e un glutine disteso facilita moltissimo la stesa perché diminuisce l’elasticità
imparare bene come stendere la pallina schiacciandola il meno possibile con le mani. “Ok, ma se comunque per qualunque ragione devo manipolare molto l’impasto non ho speranza?”
Se anche utilizzando tutte le attenzioni possibili, siete costretti a dover manipolare o rimpastare una pallina, converrà procedere riformando la pallina e lasciandola riposare per almeno 10 minuti (magari se ne avete altre da stendere, lascerete questa per ultima), sempre per dare un minimo di tempo al glutine di distendersi e alla lievitazione di riformare un po’ di gas.
Esagerare con il pomodoro o altri condimenti acquosi
Cuocere una pizza a puntino significa riuscire a far perdere l’acqua agli ingredienti di condimento, senza che bagni l’impasto e resti lì a fare la pozzetta.
Quando non si riesce a ottenere questo risultato:
la pizza non si cuoce bene nel disco centrale, resta gommosa e semicruda nello strato subito sotto il condimento
l’acqua in eccesso resta sopra la pizza e al taglio bagna tutto
l’acqua in cottura può fuoriuscire dalla pizza e andare sulla superficie di cottura, sporcando e bruciacchiando
È un difetto grave, perché compromette la riuscita della pizza, rendendola anche immangiabile nei casi peggiori.
I rischi maggiori si corrono con l’uso di:
mozzarella molto acquosa, non scolata
pomodoro molto acquoso, non scolato
troppo pomodoro
troppi funghi
temperatura del forno troppo bassa
Quando ero ragazzo, ascoltavo spesso i miei nonni che mi raccontavano le loro esperienze di vita. Tra tutte quelle storie, alcune mi sono rimaste impresse nella mente, una di queste su
tutte diceva che ai loro tempi quando una ragazza si sposava, portava con se la “dote” composta da cose al tempo preziose, lenzuola, ascigamani, oggetti preziosi e il lievito madre. Questo lievito naturale si tramandava da generazioni in generazioni, non era altro che un pezzo di pasta del pane che veniva regalato come simbolico augurio per la nuova generazione. A quel tempo non esistevano i cubetti di lievito che oggi troviamo in tutti i
supermercati.
La nuova famiglia impastava quel pezzo di pasta “madre” con nuova farina e acqua e il nuovo pane lievitava, e così si produceva il nuovo pane. Ad ogni nuovo impasto si staccava un pezzo di pasta che sarebbe servito la prossima volta. E così via per mesi, anni, decenni, di famiglia in famiglia e di generazione in generazione.
Sono sempre stato affascinato dalla lievitazione e da questa storia, chissà che anche questo non abbia influito sulla mia scelta di fare il pizzaiolo. Pensare che in quel pezzo di pasta, frutto di impasti, rimpasti e ancora rimpasti, ci siano frammenti di vita quotidiana degli anni, dei secoli passati, è incredibile. Tra tutti i granelli di farina di quell’impasto, se ne cela ancora qualcuno della nonna o della bisnonna.
Per tutte quelle persone che si sono sposate recentemente e non hanno portato con loro la “dote”, suggerisco questi pochi consigli per creare a casa vostra un nuovo ceppo di lievito madre.
Il risultato: la fragranza, il profumo, la complessità e l’articolazione aromatica, il piacere dell’autoproduzione dello stesso lievito.
Come si ottiene?
Si può fare come nelle famiglie di un tempo: staccarne un pezzo da qualcuno che lo usa, così si ha la certezza che è vivo, attivo e operativo da subito.
Ma la partenza da acqua e farina, è innegabile, è di maggior soddisfazione e permette di entrare in sintonia diretta con il lievito.
Diventerà il proprio lievito, uguale a quello di nessun altro, perché figlio di un ambiente diverso per ognuno. L’esatto opposto della standardizzazione del lievito di birra.
Provare a partire è semplice:
impastare in una tazza pulitissima 50g di acqua e 100 di farina
ottenere un impasto cremoso, umido coprirlo con un piattino, in modo che sia protetto, ma non sigillato, abbandonarlo in un luogo senza correnti d’aria e un po’ tiepido, l’ideale per me è un angolo
di un pensile di cucina. Verificare ogni giorno cosa succede: entro due o tre giorni deve dare segni di fermentazione (bolle e sollevamento, odore acido). Se non succede, diventa sempre più probabile l’apparizione di muffe e conviene riprovare da capo, magari scegliendo una farina meno raffinata.Quando lo troverai fermentato, vorrà dire che ci si sono trovati bene alcuni microorganismi, i nostri lieviti, che avranno bisogno di nutrimento.
E glielo fornirai tu: impasta l’embrione di lievito madre con altra acqua e farina fresca, per ottenere un impasto di consistenza analoga al primo e via di nuovo in scaffale.
Questo si chiama “rinfresco”.
Segui i passi precedenti ancora due o tre volte, controlla sempre che l’odore sia acidulo senza esagerazioni, che si formino bolle e che l’impasto si gonfi un po’.
Ora che il lievito naturale (o lievito madre) reagisce più rapidamente e che basta un giorno o anche meno per far rifermentare il rinfresco puoi provare a farci un primo impasto di pane.
Finché non sarai sicuro della sua efficacia, sarà meglio non usarlo per la pizza.
Continuiamo con la discussione sugli ingredienti dell’impasto, è il momento di dedicarci agli altri due ingredienti obbligatori: l’acqua ed il sale.
Parleremo anche dell’uso dei grassi, ma in questo caso già entriamo nel campo degli ingredienti opzionali, su cui, tanto per cambiare, in genere si contrappongono veementemente filosofie diverse tra loro.
Iniziamo dall’acqua, secondo solo in ordine di quantità rispetto alla farina, ma equivalente ad esso in termini di importanza; è infatti proprio l’incontro tra acqua e farina a rendere possibile la formazione di un impasto.
Quale e come utilizzarla è un altro elemento importante da comprendere per preparare la pizza in casa. Il primo consiglio è utilizzare acqua minerale naturale perché risulta più comoda rispetto all’acqua del rubinetto per tre motivi:
L’acqua del rubinetto contiene cloro, utilizzato come disinfettante; proprio questa sua caratteristica antisettica ne fa un nemico dei lieviti e quindi non è il caso di metterlo dentro i nostri impasti. Qualora vi trovaste sprovvisti di acqua minerale in bottiglia e siete quindi costretti ad utilizzare l’acqua del rubinetto, dovete lasciarla prima in una caraffa per almeno un’ora in modo da dare tempo al cloro di evaporare.
In alcune zone l’acqua del rubinetto può essere eccessivamente dura ed in questo caso l’unico modo per avere un’acqua più dolce è prenderla al supermercato (Sant’Anna, Levissima, Sanbenedetto, Santacroce, etc.);
E’ più semplice gestirne la temperatura, mettendola o meno in frigo a seconda della stagione e della temperatura ambiente.
Questo ultimo punto è importante perché la temperatura dell’acqua è l’unico elemento che possiamo variare per tenere sotto controllo la temperatura finale dell’impasto. Tra estate ed inverno possiamo avere differenze nella temperatura ambiente (intesa come temperatura del locale dove realizziamo il nostro impasto) anche di 10 gradi e di questo dobbiamo tenere conto.
L’impasto per la nostra pizza dovrebbe avere una temperatura di circa 24 gradi. Considerando che durante l’impastamento produciamo calore, se la temperatura ambiente è di 30° abbiamo un piccolo problema. L’unico modo per intervenire è la temperatura dell’acqua che infatti dovremo mettere in frigorifero durante la stagione calda.
Una buona regola empirica è la cosiddetta regola del 55: la somma della temperatura ambiente, della temperatura della farina (che convenzionalmente consideriamo uguale alla temperatura ambiente) e della temperatura dell’acqua deve darci il valore 55.
Facciamo un esempio: se la nostra temperatura ambiente è di 20°, allora l’acqua dovrà essere più o meno a 15° (20 + 20 + 15 = 55); se invece abbiamo 25° come temperatura ambiente, allora l’acqua dovrà essere intorno ai 5°.
Passiamo al sale e anche qui è necessario tenere a mente un paio di cosucce su come utilizzarlo correttamente.
Il sale è un inibitore del lievito e quindi va messo nell’impasto il più tardi possibile (il lievito invece si mette da subito disciolto nell’acqua). il sale ha una azione positiva sulla formazione del glutine, quindi aiuta nella chiusura finale dell’impasto.
L’utilizzo dei grassi nell’impasto per la pizza è largamente diffuso, ma non è assolutamente indispensabile, in particolare a casa. Una delle funzioni del grasso nell’impasto è quella di ritardare il raffermamento, pericolo poco temibile quando la pizza viene sbranata entro 15 minuti al massimo dalla cottura.
Rimane la questione del gusto personale e la propria propensione all’assunzione di grassi, in ogni modo, se decidete di utilizzarli, sappiate che vanno inseriti ad impasto già chiuso e molto gradatamente.
Il tipo di grasso sicuramente più diffuso è l’olio extravergine, ma anche lo strutto è una scelta plausibile.